PRIMO CAPITANO GENERALE DI MANTOVA E CAPOSTIPITE DELLA CASATA
LUIGI
Primo capitano generale di Mantova
e capostipite della casata
(Collezione di Ambras)
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Il fondatore del prestigio di Mantova
Luigi "il capostipite", colui che prese il potere a Mantova e divenne
Capitano del Popolo, fu l'uomo che rese grande la casata dei Corradi
da Gonzaga (questo il vero cognome, seguito dal toponimo, utilizzato
fino al Rinascimento e poi semplificato in "Gonzaga"), famiglia
ricchissima di grandi possidenti terrieri, ottimi amministratori e,
talora, abili speculatori (basti pensare al modo non proprio
ineccepibile col quale entrarono in possesso delle terre del monastero
di San Benedetto Po).
Su di lui i documenti si dimostrano avari e talora contrastanti,a partire
dal padre che, come giustamente notò Marani (raffinato storico mantovano,
autore, tra l'altro, del volume sui ritratti gonzagheschi della collezione di Ambras),
viene chiamato Guido, o Corrado, o Corradino, "ma una ragione di confusione può
essere nel fatto che anticamente al nome di ognuno dei Gonzaga spesso si
accompagnava il patronimico Corradi". La madre secondo alcuni storici è
una Estrambini da San Martino, piemontese, ma in alcuni alberi genealogici come
unica moglie di Guido o Corrado figura una de Oculo, famiglia con antiche radici
mantovane.
Nato quasi sicuramente nel 1268 Luigi fu una figura ferma e risoluta, d'ampie
vedute, capace sia amministrativamente sia militarmente, abile nell'allestire
alleanze anche attraverso fruttuosissimi matrimoni. Con lui i Gonzaga, già
ricchissimi, in brevissimo tempo giunsero nell'Olimpo delle famiglie nobili
italiane. Ricorda Marani: "Non pare dubbio che il personaggio disponeva di
tutti i requisiti richiesti al fondatore di una dinastia duratura e potente.
Prestante, autoritario, longevo, virile, andò assumendo con gli anni
quasi i tratti del patriarca biblico".
RICHELDINA DEI RAMBERTI
moglie di Luigi, capitano generale di Mantova
(m. 1319)
(Collezione di Ambras)
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Le donne al suo fianco
Nel corso della sua lunga vita Luigi si sposò ben tre volte.
Prima moglie fu Richeldina dei Ramberti, soprannominata Bressanina (in
quanto nata a Brescia, ma di famiglia ferrarese stabilitasi a Mantova),
capace di dargli numerosi figli (in tutto, dalle tre mogli, ne ebbe sedici,
secondo quanto affermato nel suo testamento), tra i quali Guido, che gli
succederà al potere, Filippino e Feltrino.
Alla sua scomparsa Richeldina lasciò al marito vasti possedimenti a
Ferrara e a Brescia. Luigi si risposò poi con Caterina Malatesta
(tra i suoi figli si ricorda Corrado, che diede vita al ramo dei Nobili Gonzaga,
estinto nel 1751); infine con Francesca Malaspina (nel 1340, alla bella età
di circa settant'anni).
La personalità dell'uomo e del politico
Il suo acume ed il suo intuito lo portarono spesso alle scelte migliori.
Ricorda Marani: "In politica come in battaglia fu saggio o spericolato al momento
giusto, leale o disinvolto secondo convenienza. Accoppiava all'astuzia istintiva,
al valore militare, alla potenza della ricchezza una buona intelligenza e un'acuta
sensibilità. Mite probabilmente non era, ma neppure crudele come qualcuno
l'ha definito. Le vicende di cui fu protagonista lasciano credere che gli
aleggiassero intorno tanto la soggezione incussa dall'uomo potente, quanto il
rispetto suscitato dall'uomo di senno".
La fine dei Bonacolsi
Grazie al colpo di Stato da lui architettato i Gonzaga si impadronirono del potere
in Mantova. Un insieme di circostanze, attentamente analizzate, l'abilità
militare e l'opportunismo politico, uniti alla non illuminata gestione del potere
da parte dell'ultimo Bonacolsi, sfociarono nel fulmineo e fortunato colpo di mano
attuato all'alba del 16 agosto 1328.
Truppe mantovane e scaligere guidate dai suoi luogotenenti (i figli Guido, Filippino,
Feltrino, e il genero Guglielmo di Castelbarco, che Luigi impose come comandante
delle truppe veronesi stroncando ogni velleità che gli Scaligeri riponevano
su Mantova) entrarono nella città addormentata vestiti da mercanti, mendicanti
o viandanti e si radunarono in piazza Sordello gridando "Viva Gonzaga e Pasarino mòra".
Rinaldo Bonacolsi, detto Passerino, armatosi e uscito sulla piazza con un atteggiamento
tanto imprudente quanto ingenuo (forse non si aspettava una sollevazione di tale entità),
venne trafitto da Albertino da Saviola, fedelissimo dei Gonzaga.
Il cavallo riportò Passerino entro il palazzo ma sulla soglia, secondo la
tradizione, ebbe un brusco sussulto che fece battere la testa sullo stipite del
portale al cavaliere.
Questo, già agonizzante, cadde da cavallo morendo. Luigi celebrò la vittoria
con un Te Deum in cattedrale. Secondo la nota leggenda durante i festeggiamenti Luigi
Tirolino emesso dalla zecca di Mantova sotto Luigi (o Guido) Gonzaga
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fu avvicinato da una strega che predisse lunga fortuna ai Gonzaga patto che avessero
tenuto tra di loro un esponente dei Bonacolsi.
Con questa tradizione si giustifica la presenza del cadavere imbalsamato di Passerino
nella Wunderkammer gonzaghesca (anche se probabilmente si trattava di una semplice curiosità
naturalistica per un corpo che subì un processo di mummificazione naturale e di una
sorta di monito contro gli avversari).
Sempre secondo la tradizione l'ultima duchessa fece gettare il cadavere di Passerino nel
lago e questo decretò la fine del ramo principale dei Gonzaga. Ma è legittimo
pensare che il cadavere sparì semplicemente durante il sacco del 1630.
I Gonzaga giunsero al potere con avveduto calcolo e basandosi sull'imperizia politica,
sull'ingenuità del Passerino e sull'errore di Cangrande di Verona, illuso di poter
includere agevolmente Mantova nei propri dominii, una volta debellati i Bonacolsi. A questo
si aggiunga come il popolo mantovano - in parte convinto, in parte adulante del potere, in
parte abilmente persuaso - appoggiò consapevolmente il Gonzaga come difensore degli
statuti comunali e del buon governo.
Le alleanze
In breve il consiglio del Comune riconobbe il potere di Luigi acclamandolo capitano generale
e perpetuo della città e del popolo di Mantova. L'anno seguente l'imperatore Ludovico
IV il Bavaro gli concesse il vicariato imperiale, e nel 1344 Clemente VI gli tributò grandi
lodi per la sua devozione al pontefice e alla Chiesa di Roma. La politica di Luigi fu quindi
all'insegna di disinvolte alleanze.
Evitato il tradimento degli Scaligeri i Gonzaga si avvicinarono a Venezia attraverso la quale
ridimensionarono le velleità veronesi (si ricorda nel 1337 la lega antiscaligera con
Milano, Ferrara e Firenze) e instaurarono proficue relazioni commerciali.
Seguì quindi un riavvicinamento agli Scaligeri (Ugolino, nipote di Luigi, sposò
Verde della Scala), anche ad evitare un eccessivo avvicinamento di Venezia ai confini mantovani.
Lo strapotere visconteo implicò quindi la nascita di "necessari" legami. Mantova poi aderì
sfortunatamente ad una lega antiviscontea: 1358 i Visconti sbaragliarono le truppe
mantovane e i Gonzaga dovettero riconoscere una completa sottomissione a Bernabò
Visconti. Ad un passo dalla conclusione dei fasti gonzagheschi ecco che i Visconti
concessero ai Gonzaga il Mantovano come feudo. Una soggezione dalla quale Mantova impiegherà
qualche decennio per affrancarsi. Luigi da Gonzaga morì circa novantenne il 18
gennaio 1360. Il suo corpo fu posto in cattedrale entro un sarcofago, perduto poi nel
Cinquecento durante la ristrutturazione giuliesca del duomo cittadino.
(p.be.)
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